Vuelta olé, vince “zio” Horner

Si è conclusa ieri a Madrid la 68ª edizione del Giro di Spagna. Vincenzo Nibali è ottimo secondo alle spalle dello statunitense Chris Horner. Un segnale importante in vista del Campionato del mondo che si disputerà a Firenze domenica 29 settembre
Lo statunitense Christopher Horner con Vincenzo Nibali e Alejandro Valverde sul podio del Giro di Spagna

La frase è una di quelle che mette paura ai i ciclisti e non solo: «Quando la strada sale non ti puoi nascondere» e porta la firma di un certo Eddy Merckx. Nulla di meglio per raccontare come è terminata l’ultima grande corsa a tappe della stagione, quella con meno rughe: la Vuelta di Spagna.

Sabato, alla partenza della 20ª tappa, la classifica generale era ancora tutta da scrivere. Solo tre secondi dividevano lo statunitense Chris Horner, maglia rossa di leader, dal nostro Vincenzo Nibali. Con un programma tutt’altro che tenero, il grande ribaltone era a portata di mano: arrivo nelle Asturie, in cima all’Alto de El Angliru, salita di 12,5 chilometri, pendenza media del 9 per cento, pendenza massima 24 per cento.

Numeri da far bruciare le frizioni alle macchine, figurarsi in bicicletta. Nibali sulle rampe aspre e nebbiose, colorate da una folla in delirio, ci ha provato a staccare Horner una, due, tre volte. L’americano mai ha risposto agli scatti di Vincenzo, finché ai meno due dal traguardo ha “impallinato” il corridore di casa nostra, forse, con l’unica cartuccia a sua disposizione. E così via! In cima all’Angliru, tra Horner e Nibali è piombato un distacco di trenta secondi. Vuelta all’americano e tutti a casa, ma con il sorriso. Il sorriso di Nibali, campione discreto che in bici si trasforma, aggredisce la salita e diventa “lo squalo dello stretto” di quella Messina che gli ha dato i natali. Non c’è spazio per i rimpianti, dunque, quando un campione corre così. Un bel segnale in vista del Mondiale di Firenze. Avversari avvisati.

In tutta questa storia però c’è dell’altro o meglio qualcun altro: il vincitore Christopher Horner. A far notizia non è lui, ma piuttosto la sua carta d’identità, perché Chris è un americano, nato in Giappone il 23 ottobre 1971, e a far due conti vien fuori che il mese prossimo gli anni saranno quarantadue. Alcuni lo hanno soprannominato “nonno”, il che suona brutto, con il dovuto rispetto per i nonni, ma di sicuro Horner di Nibali potrebbe essere lo zio. E di solito nel nostro immaginario collettivo lo zio ha una certa esperienza, qualche ruga in viso e un profilo che tende verso il tondeggiante. Sapere allora che lo zio ha battuto il nipote fa notizia e per molti desta sospetto visto che in questa stagione, per via degli infortuni, lo “zio” si è presentato alla partenza della Vuelta con soli quattordici giorni di gara nelle gambe.

Horner ha un passato da vincente nel ciclismo a stelle e strisce, ma la sua prima avventura in Europa non è stata delle migliori e così, a fine ’99, aveva fatto le valigie per tornarsene a casa, salvo poi tornare nel vecchio continente nel 2004 con la maglia della Saunier Duval. Nel libro, Il mestiere del ciclista, Marco Pinotti, corridore del team svizzero BMC, descrive così il suo primo incontro con Horner nella camera d’albergo durante il periodo delle corse: «Non ricordo bene cosa ci dicemmo, ma un paio di cose mi restarono impresse di quei nostri primi giorni. Innanzitutto il fatto che avesse messo in gioco tutte le sue certezze per venire a correre in Europa, senza una base fissa, senza conoscere un compagno di squadra, per tentare a trentaquattro anni quello che non gli era riuscito a ventisette. Mi ricordo che pensai: “Ma questo qui ormai è quasi a fine carriera”. Mai feci un errore di previsione così grande. Horner vinse quell’anno una tappa al Giro di Svizzera e ottenne un contratto degno del suo valore».

Che cosa farà adesso lo zio Chris giunto all’apice del successo? Avrà ancora voglia di strappare un’altra stagione da protagonista o farà le valigie per tornarsene a casa e cercare fortuna altrove? Di certo questa è una bella storia e c’è da sperare che sia vera. In fondo, zio Chris ci insegna qualcosa che va oltre il ciclismo. Se ci capita un’opportunità meglio coglierla, non si sa mai di uscirne vincitori.

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